21 gennaio 2008

Dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe


Codice Penale

LIBRO SECONDO
DEI DELITTI IN PARTICOLARE

TITOLO X
Dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe

Art. 545.
Aborto di donna non consenziente.


Chiunque cagiona l'aborto di una donna, senza il consenso di lei, è punito con la reclusione da sette a dodici anni.


Art. 546.
Aborto di donna consenziente.


Chiunque cagiona l'aborto di una donna, col consenso di lei, è punito con la reclusione da due a cinque anni.

La stessa pena si applica alla donna che ha consentito all'aborto.

Si applica la disposizione dell'articolo precedente:

1. se la donna è minore degli anni quattordici, o, comunque, non ha capacità d'intendere o di volere;

2. se il consenso è estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero è carpito con inganno.


Art. 547.
Aborto procuratosi dalla donna.


La donna che si procura l'aborto è punita con la reclusione da uno a quattro anni.


Questo era il codice Rocco che ha disciplinato in materia di aborto (e contraccezione) fino al 18 maggio 1978.

Il 21 gennaio 1977 (31 anni oggi) si compie il primo passo verso il superamento della vecchia norma con la votazione alla Camera dei Deputati (310 favorevoli e 296 contrari) di una nuova legge che, promulgata dopo un tormentato iter, avrebbe finalmente dichiarato non perseguibile penalmente l'interruzione di gravidanza attuata a determinate condizioni previste dalla legge medesima: la 194.

Prima di allora, grazie all'industria dell'aborto clandestino, in Italia si arricchirono in molti. Si calcola che tale attività producesse in Italia circa 3 milioni di aborti oltre alla morte di 20 mila donne ogni anno.

Il dato più importante era che la donna poteva essere imputata del reato di aborto e quindi molte donne che effettuavano l'aborto clandestino non si presentavano in ospedale quando andavano incontro alle complicanze di interventi il più delle volte eseguiti, soprattutto per le donne povere, in assenza delle necessarie precauzioni di sterilità. Quindi quando avevano la febbre si limitavano a starsene a casa sperando che gli passasse, ma questo faceva sì che l'infezione post-operatoria degenerasse in setticemia, e quindi quando arrivavano in ospedale non restava che ricoverarle in rianimazione dove morivano dopo qualche giorno. [*]

Pubblico di seguito la lettera di una donna processata nel 1973 per violazione dell'art.546 del codice Rocco in seguito ad un "procurato aborto" avvenuto otto anni prima. Un processo iniziato oltre 40 anni fa e che forse non si è mai realmente concluso. Nei confronti delle donne certamente no.

LETTERA APERTA DI UNA DONNA A TUTTE LE DONNE

A 17 anni filavo con un ragazzo e non mi pareva sbagliato fare l'amore con lui. Della pillola, o cose simili, in un piccolo paese di campagna, come il mio, se ne parla poco anche adesso; figurarsi 8 anni fa... Così è successo che rimasi incinta. Che fare? Sposarmi? Ma "l'altro" chi lo aveva più visto? E allora dovevo tenermi questo figlio da sola? Mi rendevo conto, forse inconsciamente, che avere un figlio vuol dire precludersi molte possibilità di avere una "vita sociale" a maggior ragione se questo figlio te lo devi allevare e curare tutto da sola; senza contare che sarei stata per tutti “una povera ragazza-madre”. Ma se anche avessi voluto sposarmi o tenermi il figlio, come avrei fatto? Oggi avere un figlio costa un mucchio di soldi. Io non ero certo in grado a 17 anni e senza lavoro di potermelo permettere. Decisi di abortire, con soldi presi a prestito e in condizioni da macello (dalla mammana sul tavolo di cucina). Credevo che il mio incubo fosse finito e l'ho creduto per un po' di tempo, finché, a causa di avvenimenti troppo lunghi da raccontare qui, mi salta fuori questa denuncia per aborto! Nel frattempo mi ero sposata; avevo avuto una bambina; mi ero separata da mio marito. Lavoravo e vivevo con la bambina. Quando però si è saputo che sarei stata processata per aborto sono stata licenziata in tronco. Inutile dirlo, a lavorare non mi ha preso più nessuno. Ho dovuto tornare dai miei genitori che mi danno da mangiare e da dormire in cambio del mio lavoro in casa. Ora ho capito che tutto quanto mi è capitato non è una mia disgrazia personale. Tutte noi donne ci troviamo da sempre in condizione di non poter decidere se e quando vogliamo fare i figli. Penso che sia ora che noi stesse, in prima persona, cominciamo a darci da fare per cambiare questo stato di cose. Perciò ho deciso di pubblicizzare al massimo il mio processo, perché non si tratta di un processo solo contro di me, ma contro la libertà di tutte le donne di poter decidere di loro stesse!

Gigliola Pierobon

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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Tocco questo tema sempre con molta prudenza.
Io e la mia ragazza scegliemmo molti anni fa di tenerci il bimbo. ERa una scelta difficilissima, le nostre condizioni economiche erano terrbili, allora. Stringemmo i denti, ce la facemmo.
La vita poi ci ha riservato il vero dolore.

Ma ciò non ostante, io sono per la 194 a prescindere. perchè noi SCEGLIEMMO. E anche adesso, ci deve essere la possibilità di decidere. Sempre con dolore.
E si deve fare di più, molto di più, perla paternità e maternità responsabile. Perchè un figlio che arriva è la gioia più grande, ma lo deve essere per tutti e in tutte le condizioni e contesti.
SE il mondo cattolico riuscisse a vincere il tabù della contraccezione, faremmo un passo in avanti davvero grande verso una vera civiltà.
Un sorriso commosso (per la bellissima testimonianza...)
Carlo

Lisa72 ha detto...

Anche io come Carlo, in altre condizioni, ho scelto di tenere la terza figlia non "preventivata": è stata una scelta sofferta e meditata perchè 3 figli non sono acqua.. Sono ovviamente contenta della della nostra decisione ma questo non mi dà il diritto di dire agli altri quello che possono o non possono fare e sono dell'idea che lo Stato deve legiferare e rregolamentare anche su temi così difficili perchè non si debba ricorrere a certi macellai!
Un saluto, Lisa

Anonimo ha detto...

Non dovevi né sposarti, che è convivere con un uomo per la vita (e chi te lo fa fare se non lo ami), né crescere il figlio da ragazza madre, poiché il figlio è tuo come del padre, di cui sapevi benissimo nome e cognome; dovevate quindi vivere sereni da genitori separati. Volente o nolente, in questi casi anche il ragazzo è un genitore, come lo è la ragazza; quel bambino sarebbe stato figlio suo e avrebbe avuto la sua faccia. è assurdo essere ragazze madri sole quando il padre si sa benissimo chi è e il figlio ha la sua faccia, che dici?
Saverio rf.v@live.it

Anonimo ha detto...

Perché devi essere tu o moglie-madre oppure ragazza madre? E il padre?? Perché tu genitrice e lui no? Perché solo tu ragazza madre e il padre può fregarsene? Il figlio è tuo come suo, si fa in due. La paternità non è opinabile, chissenefrega se siete sposati o no!!